Con il termine videosorveglianza si intende l’attività di vigilare a distanza un’area di sicurezza definita tramite l’utilizzo di apparecchiature hardware e software strategicamente posizionate a tal fine ed in grado di offrire la trasmissione di immagini. In questo articolo vediamo cos’è un impianto di videosorveglianza, quali le tipologie di telecamere, cosa si intende per videosorveglianza professionale e quale la normativa da rispettare.
Si definisce videosorveglianza il “servizio di sorveglianza di un impianto, un edificio, ecc., assicurato da un sistema dotato di schemi video (cfr. Dizionario Treccani), o ancora la “sorveglianza che si realizza a distanza mediante un sistema di telecamere collegate ad un centro di controllo e coordinamento (cfr. Dizionario della Lingua Italiana, Gabrielli).
Lo scopo di un impianto di videosorveglianza è quello di acquisire le immagini di una scena, trattarle e trasmetterle ad un operatore.
Un impianto di videosorveglianza è pertanto composto da telecamere di sicurezza atte a produrre immagini, e videoregistratori per visualizzarle su monitor tramite un sistema di trasmissione.
Gli elementi del sistema di videosorveglianza possono essere schematizzati come segue:
Non c’è un limite teorico al numero di telecamere e monitor che possono essere impiegati nel sistema. Tale limite è posto unicamente dalla combinazione efficiente di apparecchiature di controllo e di visualizzazione e dalla capacità dell’operatore di gestire il sistema.
Gli impianti di videosorveglianza, per loro natura, rientrano nel campo di applicazione sia della L. 186/68 (Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici ed elettronici), che del più recente DM 37/08 (Norme in materia di installazione di impianti negli edifici) e come tali sono soggetti all’obbligo di progettazione e realizzazione “a regola d’arte”.
Ai sensi dell’art. 2 della L. 186/68 “i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le norme del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) si considerano costruiti a regola d’arte”.
Gli impianti di videosorveglianza sono inoltre soggetti ai provvedimenti del Garante della Privacy.
Le norme tecniche di riferimento per gli impianti di videosorveglianza sono rappresentate dalla serie normativa CEI EN 62676, che abbraccia otto temi di standardizzazione, dai requisiti generali di sistema fino ai protocolli di trasmissione e metodi di misurazione della performance delle telecamere.
L’obiettivo della serie normativa CEI EN 62676 è quello di fornire una guida su come assicurare che i sistemi di videosorveglianza, definiti con l’abbreviazione VSS (Video Surveillance System), precedentemente denominati “televisioni a circuito chiuso” (TVCC), soddisfino quei requisiti minimi funzionali e prestazionali che costituiscono presunzione di regola dell’arte.
La serie normativa CEI EN 62676 è strutturata nelle seguenti parti:
Secondo la norma CEI EN 62676-1-1, i tre elementi fondamentali che costituiscono un VSS sono i seguenti:
La norma CEI EN 62676- 4 rappresenta la guida che si occupa dei sistemi di videosorveglianza professionale.
Questa parte della serie CEI EN 62676 fornisce i requisiti e le raccomandazioni per la scelta, la progettazione, l’installazione, la messa in servizio e la manutenzione di sistemi di videosorveglianza per applicazioni di sicurezza.
Le finalità di questa parte della norma, in particolare, sono le seguenti:
La telecamera di videosorveglianza è un dispositivo di conversione di un’immagine in un segnale elettronico. L’immagine ottica viene catturata da un obiettivo e convertita in segnale da un sensore.
Gli scopi funzionali di una telecamera che sono definiti nella norma sono possono essere schematizzati come segue:
I criteri di selezione delle telecamere devono prendere in considerazione i seguenti elementi, in funzione del contesto interno ed esterno dell’ambito di applicazione e delle condizioni al contorno:
Sul mercato esistono svariate tipologie di telecamere, sviluppate per differenti tipologie di applicazioni.
In funzione della zona da videosorvegliare, è possibile scegliere tra telecamere fisse e motorizzate.
Sono telecamere fisse, dette anche telecamere “all-in-one”, dotate di obiettivi integrati “auto iris”, a focale tarabile. Devono il loro nome a una forma cilindrica che ricorda il guscio di una conchiglia. Si caratterizzano per lunghi intervalli ed ampi raggi. Sono spesso installate in ambienti esterni lungo un perimetro e sono spesso combinate con soluzioni di analisi video per il rilevamento delle intrusioni. Solitamente includono un parasole che si estende oltre l’ottica per la protezione dai riverberi e dalle condizioni climatiche avverse. Possono inoltre essere facilmente riposizionate regolando la staffa di montaggio o l’ottica.
Sono telecamere che hanno la possibilità di essere controllate in remoto e che presentano la caratteristica di poter ruotare sui propri assi per acquisire immagini e di fare lo zoom su determinati punti o aree di interesse. Questi tre termini indicano proprio le modalità di movimento della telecamera che può effettuare una panoramica da destra a sinistra (Pan), ruotare lungo l’asse verticale verso l’alto e il basso (Tilt) e ingrandire i punti di maggiore interesse (Zoom). Con tale tipologia di telecamera si può dunque disporre di qualunque funzione singola o combinazione di funzioni di ripresa panoramica, inclinazione o zoom. Le telecamere PTZ vengono spesso montate all’esterno sulle pareti esterni o sui pali con un campo ampio di veduta in modo da poter sorvegliare l’intero sito, seguendo l’obiettivo per la valutazione della minaccia e l’identificazione del sospetto.
Sono telecamere fisse che vengono montate su una base rotante ed in genere protette da una piccola custodia trasparente a forma di cupola, detta dome in inglese, dalla cui forma caratteristica prendono il nome. Si tratta di telecamere che si contraddistinguono per il design discreto che si mimetizza nel contesto. Spesso presentano una base metallica e una copertura in plastica di policarbonato che copre la telecamera per proteggerla da atti vandalici o manomissioni. Solitamente sono di tonalità fumé o verniciata del materiale per cupole al fine di oscurare le ottiche interne e rendere impercettibile il punto in cui l’ottica è diretta per fornire la massima discrezione. Generalmente vengono montate in spazi interni ed offrono un monitoraggio di ampie aree.
Sono la versione motorizzata brandeggiabile delle telecamere precedenti. Si tratta di un tipo particolare di PTZ, con l’obiettivo racchiuso in una semisfera trasparente in grado di ruotare di 360 gradi orizzontalmente e quasi 180 gradi verticalmente. Il nome speed dome deriva dalla velocità inferiore al secondo in cui passano da una posizione di puntamento ad un’altra.
La tecnologia delle telecamere ha visto la grandissima diffusione degli apparati digitali in alta definizione (megapixel), che sfruttano la trasmissione di rete su protocollo IP.
Le telecamere tradizionali, con trasmissione del segnale in modalità analogica, nelle nuove applicazioni stanno praticamente scomparendo. E’ comunque di rilievo segnalare che esiste ancora un importante base di installato da manutenere, che si presume verrà progressivamente convertita in digitale.
Sono dotate di una interfaccia LAN (Ethernet). Se connesse a Internet, questi tipi di telecamere possono essere gestite da qualsiasi parte del mondo tramite web. In alcuni casi anche l’alimentazione stessa della telecamera è fornita dalla linea LAN. In tal caso di parla di tecnologia PoE, Power over Ethernet.
L’utilizzo di telecamere wireless, ovvero senza fili, si sta diffondendo molto velocemente, perché le reti WiFi sono diventate in tempi recenti estremamente veloci alla stregua di quelle cablate, anche in termini di sicurezza e affidabilità. Le telecamere wireless possono essere integrate in sistemi NVR (Network Video Recorder) in grado di gestire più telecamere contemporaneamente.
La differenza fondamentale tra le telecamere da esterno e quelle da interno è collegata al loro grado di robustezza e di resistenza agli agenti atmosferici, quali variazioni estreme di temperatura, polveri, umidità e/o liquidi, nonché ad atti vandalici, possibili in particolar modo se la telecamera è installata in un luogo pubblico. A parità di prestazioni, ovviamente, le telecamere impiegate nella videosorveglianza da esterno sono meno economiche, proprio per queste loro caratteristiche peculiari.
A completamento dell’elenco delle diverse tipologie di telecamere disponibili sul mercato, è opportuno illustrare anche i seguenti modelli con funzioni speciali:
Sono telecamere fisse che, come il nome stesso indica, utilizzano un obiettivo speciale, che in ambito fotografico viene chiamato “fish eye”, ovvero occhio di pesce. Si tratta di un obiettivo particolare che permette di inquadrare la zona sottostante per un angolo di 360°. L’operatore, tramite appositi software di gestione dell’immagine, può catturare una porzione della stessa, sia che sia registrata o esaminata in diretta, riportandola a dimensioni idonee alla sua capacità di visualizzazione, ovvero a 45°, a 90° oppure a 180°.
Sono telecamere che dispongono di sorgenti di luce allo stato solido, incorporate nella struttura della telecamera stessa. Si tratta di una soluzione che può esemplificare l’attività di installazione, in quanto l’alimentazione della telecamera può essere utilizzata per alimentare la sorgente di luce.
Si tratta di telecamere dotate di un sensore con un numero di pixel molto più elevato rispetto ad una telecamera tradizionale, arrivando ad avere a bordo un sensore fino a 15 mio di pixel, con prestazioni di elevatissimo livello. Al momento, il modello più diffuso sul mercato è quello che arriva fino a 5 megapixel, anche in considerazione del fatto che quando il numero dei pixel aumenta, aumentano parallelamente i problemi collegati alla banda ed alla ripresa a basso livello di illuminamento.
Quasi tutte le telecamere, sia esterne che interne, professionali e consumer, sono di tipo “day & night”, ovvero sono dotate di sensori ad alta sensibilità, illuminatori IR integrati e tecnologie ad hoc che garantiscono riprese di buona qualità a prescindere dalle condizioni ambientali di illuminazione. Le telecamere ad alta sensibilità possono pertanto essere raggruppate in due macro-categorie: quelle ad alta sensibilità intrinseca e quelle con intensificatori di immagini.
La termografia IR (infrarosso) è una tecnica diagnostica non distruttiva che, misurando la radiazione infrarossa emessa da un corpo, è in grado di determinarne la temperatura superficiale. Vengono generate delle mappe rappresentative delle zone indagate. Queste mappe associano ad una temperatura rilevata un colore corrispondente. La mappatura della temperatura superficiale è fondamentale per poter valutare lo stato di conservazione dei materiali, tanto che tale tecnologia può essere utilizzata per verificare il surriscaldamento di motori o quadri elettrici, colate nelle fonderie, controllo qualità sulla produzione, ecc.
Le telecamere termine, dette anche termocamere, sono in grado di rilevare piccole differenze di calore, anche i soli 0.01 °C, che vengono rappresentate in scale di grigio su di un monitor monocromatico. Le immagini vengono prodotte dal calore assorbito e rilasciato dagli oggetti, come ad esempio persone, animali a sangue caldo, così come motori e macchinari. Tali telecamere permettono di vedere la radiazione termica invisibile emessa o riflessa da tutti gli oggetti, indipendentemente dalle condizioni di luce e risultano essere particolarmente efficaci in ambienti caratterizzati da condizioni difficili, come ad esempio scenari con scarsa illuminazione, fogliame mimetizzante, ecc.
Si tratta di telecamere dotate di un circuito di videoregistrazione incorporato e che possono operare in forma autonoma, o essere collegate in rete.
Si tratta di telecamere ultracompatte, dotate di obiettivi minuscoli (pinhole) che è possibile mimetizzare all’interno di sensori volumetrici, di orologi da parete, nei carter dei POS in area self/bancomat, e così via.
Si tratta di telecamere impiegate come sistemi di lettura di caratteri alfanumerico (OCR) delle targhe automobilistiche, di passaggio di varchi stradali ZTL, oppure utilizzate nei sistemi di controllo accessi per parcheggi privati o aziendali.
L’installazione di sistemi di videosorveglianza è sottoposta al rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali, ai sensi del quadro normativo vigente.
In particolare, secondo quanto stabilito dal GDPR (Regolamento UE 2016/679 per la Protezione dei Dati Personali), l’attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del cosiddetto principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono inoltre essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite.
Non occorre avere un’autorizzazione del Garante dei Dati personali per installare le telecamere in quanto, in base al principio di responsabilizzazione (art. 5, par. 2, del Regolamento), spetta al titolare del trattamento (come ad es. un’azienda, una pubblica amministrazione, un professionista, un condominio, ecc.) valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche.
Il titolare del trattamento deve, in ogni caso, valutare se sussistano i presupposti per effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati prima di iniziare il trattamento (DPIA).
Occorre inoltre ricordare le altre disposizioni del nostro ordinamento giuridico applicabili in riferimento all’installazione di sistemi di rilevazione immagini come, ad esempio, le vigenti norme dell’ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata e in materia di controllo a distanza dei lavoratori.
Gli interessati devono sempre essere informati (ex art. 13 del Regolamento dei Dati Personali) che stanno per accedere in una zona videosorvegliata, anche in occasione di eventi e spettacoli pubblici (ad esempio, concerti, manifestazioni sportive, ecc.), indipendentemente dal fatto che chi tratta i dati sia un soggetto pubblico o un soggetto privato.
L’informativa può essere fornita utilizzando un modello semplificato, che deve contenere, tra le altre informazioni, le indicazioni sul titolare del trattamento e sulla finalità perseguita. L’informativa deve rinviare a un testo completo contenente tutti gli elementi di cui all´art. 13 del Regolamento, indicando come e dove trovarlo (ad es. sul sito Internet del titolare del trattamento o affisso in bacheche o locali dello stesso).
L’informativa va collocata prima di entrare nella zona sorvegliata. L’interessato deve poter capire quale zona sia coperta da una telecamera in modo da evitare la sorveglianza o adeguare il proprio comportamento, ove necessario.
Relativamente all’area sottoposta a videosorveglianza, è opportuno distinguere tra tipologie di installazione che riguardano sistemi professionali e sistemi di tipo domestico privato (consumer).
Le persone fisiche possono, nell’ambito di attività di carattere personale o domestico, attivare sistemi di videosorveglianza a tutela della sicurezza di persone o beni senza alcuna autorizzazione e formalità, purché rispettino regole ben definite relativamente alla ripresa di aree solo di esclusiva pertinenza, non riguardino aree condominiali, comuni o di terzi, né aree aperte al pubblico, come ad es. strade pubbliche o aree di pubblico passaggio.
Il datore di lavoro può installare un sistema di videosorveglianza presso le proprie sedi esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, nel rispetto delle altre garanzie previste dalla normativa di settore in materia di installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo (art. 4 della l. 300/1970, Statuto dei Lavoratori).
Per poter installare un sistema di videosorveglianza condominiale è necessario che l’istallazione avvenga previa assemblea condominiale, con il consenso della maggioranza dei millesimi dei presenti (art. 1136 c.c.).
È indispensabile inoltre che le telecamere siano segnalate con appositi cartelli e che le registrazioni vengano conservate per un periodo limitato (si veda quanto indicato al precedente punto riguardante l’obbligo di informativa).
La normativa in materia di protezione dati non si applica al trattamento di dati che non consentono di identificare le persone, come nel caso delle riprese ad alta quota (effettuate, ad es. mediante droni).
Non si applica nel caso di fotocamere false o spente in quanto non c’è nessun trattamento di dati personali (fermo restando che, nel contesto lavorativo, trovano comunque applicazione le garanzie previste dall’art. 4 della l. 300/1970).
Non si applica, infine, ai casi di videocamere integrate in un’automobile per fornire assistenza al parcheggio (se la videocamera è costruita o regolata in modo tale da non raccogliere alcuna informazione relativa a una persona fisica, ad esempio targhe o informazioni che potrebbero identificare i passanti).
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Security Manager Certificato UNI 10459-2017 e Lead Auditor ISO 28000 (Security Management System for the Supply Chain). Ventennale esperienza nella progettazione di Sistemi di Security e Modelli Organizzativi Complessi in ambito Security Risk Management. Esperta di sistemi di controllo elettronico degli accessi in applicazioni di sicurezza e di sistemi di sicurezza passiva. Co-autrice con l’Ing. Adalberto Biasiotti del libro “La valutazione del rischio criminoso secondo il D.Lgs. 81/08 e la norma ISO 31000”.
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